Un non più recente fenomeno sociale sta determinando una breccia sempre più profonda nel nostro mondo: il negazionismo. Esso investe più o meno tutti i Paesi, e si diffonde a macchia d’olio. E’ un fenomeno preoccupante, che vorrei brevemente commentare, affinchè se ne prenda coscienza e si assumano misure adeguate a contrastarlo.
Anzitutto, è da tenere presente la pericolosità del fenomeno: lo paragono alla patologia della insensibilità al dolore, ad uno stato anestetico permanente. Negando alcuni fenomeni scientifici o alcuni eventi storici non si colgono gli allarmi, non si evitano i pericoli, non si assumono adeguate misure per contrastare le emergenze. Anzi, si irridono: come quando io da piccolo dopo una anestesia per togliere un dente mi davo schiaffi contento di non sentire dolore. Lo sentii, dopo, amplificato, tutt’in una volta.
Pertanto il negazionismo non è un’opinione, una scelta come le altre: è come il fascismo, il nazismo, il razzismo. Non essendo rispettoso di principi condivisi e di verità oggettive, si pone al di fuori di ogni contesto culturale e di ogni corrente di pensiero.
Osserviamo oggi, fondamentalmente, due tipi di negazionismo, quello scientifico e quello storico. Essi si embricano a vicenda, essendo il negazionismo scientifico antistorico e il negazionismo storico antiscientifico.
Esempi di negazionismo scientifico: “La terra è piatta” o, ancor peggio, “Il CoViD-19 non esiste”, da cui discende la negazione della metodologia scientifica che, pur nelle sue “verità” parziali e sempre “in fieri”, garantisce la prevenzione (vaccini), la cura, la riabilitazione secondo i canoni di una rigorosa evidenza sperimentale.
Un esempio di negazionismo storico: “Non è esistita la Shoah”, da cui la sottovalutazione, con il mancato riconoscimento dell’evoluzione della storia, di tutte quelle “avvisaglie” sociali e politiche che portano alla rinascita dei più efferati genocidi.
Tali affermazioni non possono conciliarsi con le conquiste della scienza e con l’andamento della storia, rendono le persone che le sostengono perennemente “tabula rasa”, e per ciò stesso preda degli imbonitori più scriteriati che, ignoranti anch’essi, oppure semplicemente in malafede, fanno leva su un “gregge”, sempre crescente, talora maggioranza, di pecoroni, che fa della non-cultura un vanto, e del dubbio non sincero su ogni cosa la regola. Solo il disconoscimento della “dignità” dell’esistenza di tale fenomeno (non c’è da fare altro che “negare il negazionismo”) e l’investimento della società e della politica in Scuola e Cultura, nonché la presa di coscienza da parte di coloro che di questa emergenza intravedono i pericoli, potranno arginare la diffusione di questo nuovo contagio, forse ben più pericoloso di quello virale.