A volte comprendere cosa sta avvenendo sul pianeta non è difficile: basterebbe guardare i numeri, quelli giusti, per capire le motivazioni che sono alla base di alcune decisioni.
Per comprendere le cause di tante le guerre (incluse le “missioni di pace”) degli ultimi decenni, ad esempio, basterebbe guardare un numero: quello relativo alle riserve di petrolio.
Secondo alcune stime, il paese con le maggiori riserve di petrolio al mondo sarebbe il Venezuela. Il 17,8% delle riserve di petrolio sono nelle mani del governo venezuelano. Un motivo più che valido (secondo alcuni) per giustificare il golpe del 2019 (fallito per un soffio nonostante l’appoggio degli USA). Già nel 2017, Trump, poco dopo l’elezione a presidente degli USA, aveva esercitato forti pressioni nel tentativo di assumere, in qualche modo, il controllo di risorse che avrebbero permesso agli USA di liberarsi dalla dipendenza degli arabi.
A proposito di “arabi”, storicamente sono alcuni paesi arabi ad avere il controllo di grandi riserve di petrolio. Il primo è l’Arabia Saudita che, proprio grazie a queste risorse (37,2% delle riserve globali), da anni impone i propri dictat a mezzo mondo (si pensi agli incarichi pubblici comprati a colpi di contributi versati ad alcuni enti delle NU). Ma anche l’Arabia Saudita non è libera dal rapporto guerra/petrolio: il crollo del prezzo del petrolio di alcuni decenni fa, ha spinto questo paese a cercare nuove fonti di reddito nella vendita di armi e armamenti (per anni questo paese è stato uno dei principali compratori e rivenditori di armi e armamenti). Ma non basta. L’Arabia Saudita, da anni, è in guerra. Il motivo? Non è ideologico o religioso, ma economico: conservare la leadership dei paesi OPEC.
Anche Iraq e Iran dispongono di grosse riserve di petrolio. Rispettivamente 8,4% e 9%. E anche questi paesi sono stati o sono tuttora coinvolti in guerre e contrasti politici (incluso l’embargo). Ufficialmente le cause sarebbero la “democrazia” o la “pace nel mondo” o motivazioni simili. In realtà, anche in questi casi, le ragioni sono altre: il controllo delle riserve di petrolio. Una ricchezza che spesso è stata motivo di guerre e devastazioni. Basta pensare al Kuwait che iniziò la serie delle guerre in Medio Oriente: ebbene questo paese controlla il 5,9% delle riserve di petrolio nel mondo.
Lo stesso dicasi per la Libia (dove si trova il 2,8% delle riserve di petrolio del mondo): il “dittatore” Gheddafi, lodato e osannato per essere l’unica voce fuori del coro tra i paesi OPEC (basti pensare alla visita in Italia quando era ancora al potere o alle missioni in Libia di tutti i leader internazionali, primi fra tutti quelli italiani), divenne un despota da eliminare a tutti i costi solo quando minacciò di rompere i rapporti con i paesi occidentali e creare una forza indipendente in Africa. Una forza, neanche dirlo, imperniata sulle riserve primarie.
A proposito di Africa, le guerre che da decenni affliggono i paesi di questo continente non sembrano interessare nessuno (molti despoti africani non sembrano interessare i paesi sviluppati bramosi di “democrazia”, anzi fanno molto comodo). Unica eccezione (a parte la Libia e un paio di paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo) la Nigeria. Perchè?, Perchè anche la Nigeria è ricchissima di materie prime e, in particolare, di petrolio: il 2,1% del petrolio mondiale si trova proprio in questo paese.
C’è un altro paese che, negli ultimi anni, ha rivolto grande attenzione alle guerre in Medio Oriente: gli Emirati Arabi Uniti. Ebbene, casualmente, anche questo paese dispone di grandi quantità di petrolio (5,7%) e anche questo fa parte dell’OPEC.
Fuori dell’OPEC, il paese che dispone delle maggiori quantità di petrolio è il Canada (9,8%). Ma il petrolio canadese non fa gola a nessuno: è sporco e “pulirlo” comporta costi che lo rendono non concorrenziale con quello offerto dagli altri paesi.
A cominciare dagli USA. Le loro riserve di petrolio sono “solo” il 4% del totale ma questo non è che un motivo in più per portare avanti quelle “missioni di pace” che permetterebbero di acquisire il controllo di riserve petrolifere di altri paesi.
Anche la Russia non è rimasta fuori da guerre e missioni. E anche per questo paese (6,2% di riserve di petrolio) non mancano i dubbi su quali possano essere state le vere cause di certe scelte geopolitiche.
Ultimi, si fa per dire, in questa lista, due paesi anche questi attivi sul fronte militare (anche se in modi diversi): Cina e Qatar. Ciascuno dispone dell’1,5% delle riserve di petrolio accertate.
Oggi, la maggior parte delle riserve petrolifere sono concentrate in Medio Oriente. Negli ultimi decenni, però, (casualmente proprio quando sono iniziate alcune guerre) la loro percentuale di riserve petrolifere è diminuita, passando da oltre il 60% nel 1992 (indovinate quando è stata combattuta la guerra del Golfo? Esatto: nel 1991) a circa il 48% nel 2019. Ufficialmente, tra le principali cause di questo calo ci sarebbe la costante produzione di petrolio e le maggiori riserve scoperte nelle Americhe (dal 2012, la quota dell’America centrale e meridionale è più che raddoppiata ed è rimasta elevata negli anni successivi). A questo si aggiunge l’avvio di un cambiamento verso una minore dipendenza dal petrolio a beneficio del gas naturale. Ma anche qui i numeri non mentono: circa un quarto delle riserve mondiali di gas naturale sono in Russia e questo potrebbe spiegare i problemi nei rapporti con alcuni paesi (primi fra tutti gli USA) che, non a caso, da qualche anno (guarda caso proprio da quando è iniziata la conversione dal petrolio al gas naturale), hanno cominciato a lanciare pensati attacchi politici ed economi verso questo paese.
Da questi numeri (ricavati in buona parte dal BP Statistical Review of World Energy 2020) emerge anche un altro dato importante: quasi il 94% di tutto il petrolio (lo stesso vale per il gas naturale) del pianeta è nelle mani di pochi paesi (solo 14)! Un dato che potrebbe spiegare non solo le scelte internazionali e gli accordi geopolitici di molti dei paesi che non dispongono di queste risorse (e che vivono grazie agli accordi internazionali con i paesi maggiori produttori: si pensi agli accordi Gasprom in Europa), ma anche le scelte di alcuni paesi, sulla carta pacifisti e promotori di pace, ma pronti a scendere in guerra al fianco di questo o quel paese per combattere guerre che vanno avanti per decenni…