Il 9 marzo, gli elettori della Corea del Sud si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente della repubblica, l’ottavo dal ritorno della democrazia nella Corea del Sud nel 1987.
La Corea del Sud è una repubblica presidenziale in cui il potere esecutivo è esercitato dal presidente coadiuvato dal primo ministro. Il presidente è eletto direttamente da tutti i cittadini che hanno compiuto il 18esimo anno di età ed il candidato che raccoglie il maggior numero di voti viene eletto.
Queste elezioni sono molto importanti in quanto il nuovo presidente determinerà come la Corea, che esercita una sempre maggiore influenza economica e culturale (non scordiamoci che Samsung e Squid Games sono coreani), gestirà i rapporti con i suoi vicini (Corea del Nord, Cina e Giappone), e quelli con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Russia in un momento in cui gli equilibri internazionali stanno cambiando rapidamente. E alla luce dell’attacco militare russo contro l’Ucraina la capacità della Corea di trovare un nuovo equilibrio internazionale assume un’importanza fondamentale per il futuro del paese.
Poiché la Costituzione coreana stabilisce che il presidente sia eletto per un singolo mandato di cinque anni, l’attuale presidente, Moon Jae-in del Partito Democratico, che detiene la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, non può ripresentarsi lasciando il campo aperto ad una dozzina di candidati.
Di questi, realisticamente, solo tre o quattro hanno delle concrete possibilità di essere eletti ma ciò non toglie che la campagna elettorale sia stata particolarmente virulenta, con i principali candidati che si scambiavano accuse ed insulti piuttosto che confrontarsi sui rispettivi programmi politici.
I due principali contendenti per la corsa alla Casa Blu, come è comunemente chiamato il palazzo presidenziale, sono Lee Jae-myung del Partito Democratico e Yoon Seok-youl del People Power Party (PPP) all’opposizione e che in un sondaggio del 2 marzo sono dati testa a testa con circa il 40% dei consensi ciascuno. Seguono con percentuali intorno 10% Sim Sang-jung del Partito della Giustizia e unica donna in corsa, e Ahn Chool-soo, un imprenditore software del Partito del Popolo che però si è ritirato dalla competizione il 3 marzo e ha dichiarato di sostenere Yoon. Questo potrebbe essere il fattore decisivo se anche una piccola parte dei sostenitori di Ahn votasse per Yoon.
Ma non sono solo i candidati ad essere coinvolti in presunti scandali. Anche le loro famiglie hanno contributo a questo clima di denigrazione. La moglie di Yoon, secondo quanto si è appreso dalle registrazioni di una conversazione con un reporter, avrebbe minacciato di mettere in prigione tutti i giornalisti che criticavano il marito e avrebbe fatto dei commenti poco edificanti nei confronti del movimento #MeToo.
D’altra parte, la moglie di Lee è stata accusata di aver utilizzato membri dello staff del marito per andare a fare spese mentre il figlio è coinvolto in uno scandalo sulle scommesse clandestine.
E tutte le parti sono accusate di ricorrere a sciamani e chiromanti nella gestione degli affari pubblici.
Ma vediamo dove si collocano in tema di politica interna ed estera i tre candidati.
Lee: L’ex governatore della provincia di Gyeonggi, la regione che circonda la capitale Seoul, ha la fama di essere una persona pratica e capace di risolvere problemi. In politica interna è favorevole a iniziative come il reddito universale e tasse più basse per i pensionati ed una volta ha affermato di voler diventare il Bernie Sanders della Corea.
Nei confronti della Corea del Nord, Lee promuove una politica pragmatica, sulla scia dell’attuale presidente Moon e propone un alleggerimento delle sanzioni nei confronti del Nord con una clausola di “ritorno” alle sanzioni in caso di mancato rispetto degli accordi presi.
Yoon: L’ex-procuratore capo si è costruito una fama di duro nella lotta contro la corruzione. E’ stato anche uno dei procuratori nel processo per corruzione contro l’ex-presidente Park Geun-hye conclusosi con la condanna a 25 anni di prigione nel 2018.
In politica interna, Yoon segue la linea conservatrice pro-business del PPP. Tra le sue proposte vi è quella di costruire 2,5 milioni di nuove abitazioni in Corea e di ridurre le tasse. Ma anche per Yoon, la sua posizione sulla Corea del Nord è quella che interessa maggiormente l’elettorato. Yoon è un proponente della denuclearizzazione della penisola coreana e ha criticato il presidente uscente Moon per la proposta di giungere ad una dichiarazione ufficiale della fine delle ostilità tra le due Coree, che tecnicamente sono ancora in guerra.
Sim: Unica donna candidata alle elezioni, è anche la sola a sostenere apertamente i diritti della LGTB in Corea. Per quanto riguarda la politica interna, in linea con le istanze progressive del suo partito, promuove lo smantellamento dei chaebols (conglomerati) come LG, Samsung ed altri che dominano la vita economica del paese e promette di smantellare il sistema bi-partitico che caratterizza la politica coreana. In politica estera, è contraria all’istallazione del sistema americano di difesa contro i missili balistici THAAD, ed è favorevole alla denuclearizzazione della penisola.
In un recente sondaggio del giornale Hankyoreh i rispondenti hanno dato ratings negativi a tutti i principali contendenti: Yoon (54%), Lee (58%) e Shin (61%). Solamente Ahn, che però si è ritirato, aveva un rating positivo (50%).
Come ha detto al Washington Post Darcie Draudt, un’esperta di politica sudcoreana dell’Istituto di Studi Coreani della George Washington University (Washington D.C.), “queste saranno le elezioni del ‘male minore,’ per cui indipendentemente da chi vinca, gli elettori saranno scontenti.”