E’ difficile scrivere di qualunque argomento senza pensare alla guerra. A quello che stanno vivendo i nostri bimbi e ragazzi in queste ore.
Mi ha molto colpito la riflessione della nipote di 16 anni di una mia collega docente universitaria siciliana che vive in Inghilterra. Si chiama Paola: “scoppia la guerra tra la Russia e l’Ucraina. Nonostante gli ultimi due anni di pandemia con scarse riprese e un’unica speranza di tornare alla vita che ad oggi si ricorda solo come se fosse stata una fantasia, i poteri maggiori decidono, ancora una volta, di mettere in scena lo spettacolo di DISUMANITÀ, caso mai qualcuno ne avesse potuto dimenticare l’esistenza. Miliardi e miliardi di scritti, racconti, documentari, film, libri, luoghi, ricordi, dibattiti ecc…per cosa? Cos’è che l’essere umano è riuscito a trarre da tutte queste ‘risorse’? E sì, si chiamano ‘risorse’ perché, da un certo punto di vista, abbiamo la ‘fortuna’ di avere la possibilità di imparare, grazie ad esse, errori, sacrifici e ingiustizie compiute da chi camminava sulle nostre stesse strade un po’ di tempo fa. Nonostante ciò, l’essere decide di ignorare e procedere commettendo altri orrori, replicando forme nuove e vecchie di violenza. Cos’è che non va? Ad elencare tutte le cose errate nel mondo sarebbe necessario tantissimo tempo, indeterminabile… E già questo parla da se. Ma cos’è che ci vieta di andare avanti per abbandonare questi metodi contrari alla civiltà? Quanto ci vorrà ancora prima che si possa capire che la violenza è ingiusta? Quant’altra gente dovrà soffrire? Quant’altra gente dovrà vivere nel terrore? Quanti altri disperati dovranno ancora provare a scappare? Io mi chiedo, se tra questa gente ci fossimo noi? Cos’hanno fatto queste povere persone per meritarsi tanta sofferenza? Ho visto nei video gente normale, comune, che fino a qualche giorno fa conduceva un’esistenza borghese tra le sue cose, dover abbandonare tutto e scappare terrorizzata, di sottofondo il rumore delle sirene di emergenza; madri che lasciano i propri figli ad estranei, a coloro che sono riusciti ad attraversare le barriere … E mi vengono i brividi al solo pensiero che quella povera gente si ritrova in questa situazione senza alcun motivo umanamente e logicamente plausibile. Penso ai militari, a quelli che attaccano e a quelli che difendono…
Sono certa che invece di combattere portando solo distruzione, preferirebbero impegnarsi in missioni di pace. E invece sono lì, a portare offesa o a difendere, perché il codardo che si nasconde mentre loro rischiano la propria vita ha deciso di giungere ad atti estremi, incomprensibili, per imporre il proprio dominio.C ome se fosse una cosa pretesa normale.
Ma, mi chiedo, cos’è che stabilisce la normalità? La necessità di indurre sofferenza?
L’istinto animalesco di uccidere e conquistare nuove prede?
Prima di mettere in pericolo, danneggiare, terrorizzare, maltrattare, far soffrire, massacrare, torturare, perseguitare, abbattere, demolire, devastare, annientare, diroccare e guastare tutto e tutti, perché non rendersi conto che tali atti rispondono solo alla cieca bestialità di una umanità che ha deciso di mettere in scena l’ennesimo spettacolo della suanatura ferina, senza neppure l’attenuante della fame, che giustifica il comportamento delle belve?
Ha ragione Paola interprete di tanti ragazzi che ho incontrato in questi giorni di persona o sulla rete. Non capiscono, hanno paura. 2 anni di pandemia non sono bastati per fermare l’orrore della guerra. Tante domande a cui noi adulti non sempre sappiamo rispondere. Quesiti a cui i genitori non sempre rispondono perché non hanno tempo. Sono stanchi, stressati, impauriti per il futuro dei loro figli e pronti a fare sacrifici disumani per garantire la quantità a discapito purtroppo della qualità. Per questo occorre una genitorialità più matura e responsabile. Provo a fare un ragionamento partendo da una bella esperienza recente.
Recentemente sono stato relatore dell’evento organizzato dalla Comunità di Ribera del MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani) per parlare di nuove tecnologie e nuova genitorialità. Si tratta del secondo di un ciclo di cinque incontri intolato: “Genitori, figli, social, disagio…Parliamone”.
La pandemia che ci ha colti di sorpresa ha, senza dubbio, sconvolto le nostre vite. Ci siamo ritrovati all’interno di una realtà senza più certezze e siamo stati costretti a cambiare le nostre abitudini quotidiane. Scoprire e accettare le nostre debolezze non è stato facile, soprattutto perché non conoscevamo i limiti delle nostre paure.
I nostri giovani sono quelli che hanno subito le conseguenze peggiori legate a questo isolamento forzato. La pandemia ha costretto il mondo scolastico e accademico ad allontanarsi dalle aule e a sperimentare la DAD (didattica a distanza) o la DDI (didattica digitale integrata). Una modalità, di insegnamento e apprendimento, del tutto nuova per professori e studenti che dimostrato di avere diverse criticità.
Durante i primi mesi della pandemia ho condotto una ricerca dal titolo: “La mia vita ai tempi del Covid”, contenuta nel mio libro “Figli delle App”, che ha coinvolto in totale 1.858 ragazze e ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori che hanno risposto ad un questionario online composto da diciassette domande. I dati hanno evidenziato come questi adolescenti rappresentino a tutti gli effetti la prima generazione digitale.
Dalla mia ricerca è emerso quanto l’emotività sia centrale nella vita degli adolescenti cosi come la partecipazione attiva ai social network. Una dipendenza dai social e dal gruppo dei pari che genera un’ulteriore conseguenza.
Sui social tendiamo ad assumere modelli di identità predeterminati pur ritenendo di esprimere la nostra individualità, attuando una sorta di mimetizzazione, con la quale cerchiamo di assomigliare a questi ambienti online e, così facendo, rinunciamo a noi stessi.
Ecco che diamo vita ad un “io performativo” con il preciso scopo di ottenere il gradimento da parte dei nostri follower. Proprio per questo motivo l’utilizzo dei diversi social media avviene in funzione degli obiettivi di comunicazione e del pubblico a cui si rivolgono. Più profili. Più pubblici.
Le stesse relazioni familiari sono cambiate e lo capiamo attraverso l’analisi di tre aspetti fondamentali: il tempo, lo spazio e la relazione. Non abbiamo più tempo e lo spazio non è più lo stesso, poiché la comunicazione mediata pare più facile, rapida, efficace. Non ci rendiamo conto di quale sia la dimensione on line e off line. La relazione prevede una comunicazione frammentaria e spesso superficiale.
Questo processo porta ad una incomunicabilità tra genitori e figli. I genitori non comprendono i figli tanto da utilizzare i loro stessi modi di comunicare per cercare un contatto. Ma attenzione i genitori non sono i soli, l’indebolimento è generale e comprende più settori della società come ad esempio la scuola.
La mia ricerca ha dimostrato come ci sia un alto numero di ragazzi che possiede un profilo falso sui social. L’aumento dei profili falsi conduce verso dinamiche che tendono alla violenza e alla proliferazione di fenomeni come cyber bullismo ed altri.
I dati pubblicati da un report di Terre des Hommes e Scuolazoo ci mostrano quanto questi episodi non siano marginali, ma siano ormai prassi comportamentale. Il 61% dei giovani afferma di essere vittima di bullismo e cyber bullismo. Il 68% dichiara di non sentirsi sicuro online.
Nel 2017, il 25% degli adolescenti affermava di aver fatto sexting prima dei 12 anni. Nel 2020, un adolescente su tre ha affermato di avere visto circolare sul web foto intime proprie o di amici sui Social. Tra le paure emerge un 49,32% di ragazzi che teme per la perdita della propria privacy e un 41,63% che si preoccupa di poter subire revenge porn.
Una generazione disorientata e complessa: divisa tra esibizione di sé e paure. Un individualismo che a volte diventa estremo e pericoloso. Basti pensare alla crescita esponenziale di challenge ossia di sfide assurde e pericolose che i giovanissimi decidono di intraprendere, esponendo la propria immagine senza alcuna protezione e mettendo a rischio la propria vita.
Come se non bastasse durante la pandemia sono aumentati del 30% i ricoveri per autolesionismo o suicidi.
Preadolescenti e adolescenti sempre connessi e sempre più soli. Secondo una ricerca realizzata, nel 2021, per “Generazioni Connesse” tra studenti e studentesse italiani da Skuola.net, le Università di Firenze e La Sapienza di Roma, sei adolescenti su dieci dichiarano di passare più di cinque ore al giorno connessi. Nel 2020 erano tre su dieci e un ragazzo su cinque si dichiara: “Sempre connesso”. Dato che io stesso ho avuto modo di riscontrare nelle mie continue ricerche.
Credo che i modelli tradizionali di educazione siano superati e serva un nuovo approccio alla formazione delle nuove generazioni. I genitori vanno guidati in questo difficile percorso, perché sono poco consapevoli dei pericoli e dell’uso che i loro figli fanno delle nuove tecnologie.
Purtroppo, ci sono genitori spesso all’oscuro dell’uso o dell’abuso dei figli sulla rete e con la rete. Noi adulti abbiamo il dovere di presidiare e soprattutto di istruire i nostri figli ad un uso consapevole del web. Non vietare, ma condurre i ragazzi verso un corretto uso delle nuove piattaforme e dei nuovi dispositivi.
Il mio impegno è quello di promuovere una “Scuola per Genitori”. Un viaggio che li aiuti a comprendere il cammino della nostra società e soprattutto che faccia luce sulle nuove esigenze e le nuove emergenze educative. Ringrazio la Comunità MASCI di Ribera per questo prezioso momento di riflessione comune e per la sensibilità dimostrata. Ho parlato di guerra, di pandemia, di nuove tecnologie ma soprattutto di genitori e figli. Del bisogno di un nuovo umanesimo. Di ritrovare quei valori in cui crediamo e che sembrano così lontani.