“L’istruzione è ciò che resta dopo che uno ha dimenticato tutto quello che ha imparato a scuola”. Profetico più che mai Albert Einstein che ha fissato il vero punto che sta sfuggendo al dibattito sulla scuola sotto attacco in questi giorni. L’insegnante che chiede ai bambini in un compito di scrivere chi odiano, la ragazzina pestata e bullizzata dai compagni. Episodi in cui si alternano le responsabilità e sfugge il problema vero di cui ho scritto più volte: un’emergenza educativa che deve essere compresa e affrontata.
La singolare storia di qualche giorno fa, accaduta all’istituto comprensivo di Fornovo di Taro, Parma mi è rimasta particolarmente impressa. Alcuni bambini hanno imbrattato i bagni della scuola con le loro feci e l’insegnante li ha sgridati. Subito è scattata la denuncia dei genitori e la docente è stata condannata a un mese e 20 giorni di reclusione.
Il giornalista Massimo Gramellini nella sua rubrica, Il Caffè di Gramellini sul Corriere della Sera, ha dato un titolo a questo episodio: “Maleducati e contenti”.
Gramellini scrive: “Ormai tutto quello che si poteva dire sul rimbambimento narcisistico della categoria è stato detto: basta che un figlio racconti di essere stato vittima di un sopruso perché certi padri e certe madri prendano per buona la sua versione e si scaglino contro l’educatore esterno che ha cercato di supplire alle loro carenze. Come se la condanna dell’insegnante servisse ad assolverli. Sospendo il commento sul tribunale di Parma, anche se i polpastrelli mi prudono sulla tastiera (persino il PM aveva chiesto il proscioglimento). Me la prendo invece con il ministero dell’Istruzione che non ha sentito il dovere di contro-denunciare quei genitori per «culpa in educando»”.
Nel giro di pochi giorni abbiamo letto il caso della preside accusata di avere una relazione con uno studente, non c’è stato nessun reato e non ci sono state particolari conseguenze, eppure è stata messa alla gogna mediatica prima che i fatti venissero accertati. Adesso, una maestra viene condannata per aver rimproverato i bambini che hanno sporcato le pareti con le loro feci.
I genitori naturalmente hanno presentato denuncia, perché i loro figli non dovevano essere rimproverati. Allora, mi chiedo che cosa può spingere un bambino a non prendersi cura di un bene che è anche suo? Di fatto la scuola gli appartiene ed è la prima cosa che noi dovremmo insegnare a tutti i bambini.
Tutto ciò che è bene pubblico va salvaguardato e non imbrattato con la cacca, ma che cosa sarebbe accaduto ad ognuno di noi qualche tempo fa se avessimo compiuto un gesto del genere, ve lo siete chiesti?
Oggi, sembra tutto lecito e tutto viene giustificato con molta facilità. Il comportamento maleducato può essere tranquillamente reiterato e molti genitori si aspettano che sia tollerato. Non c’è nessun problema, nemmeno nello sporcare i muri con le feci. Guai alla maestra che si permette di rimproverare i bambini maleducati con un po’ di enfasi, poiché rischia di essere giudicata e arrestata.
Mi chiedo perché il Ministero non ha tutelato l’insegnate e non ha fatto una controdenuncia ai genitori, vista la maleducazione dei figli. Il Pubblico Ministero si era reso conto che era una vicenda assurda e aveva chiesto il proscioglimento, ma il giudice l’ha condannata.
Tutto questo sembra qualcosa di paradossale e quel che è peggio nessuno riflette sul fatto che questi bambini maleducati hanno offeso tutti noi. Un bene che è anche nostro lo hanno imbrattato con la loro cacca e io non me la sento di trovare per loro una giustificazione. Un episodio che mi fa molto male da educatore e da persona che crede nelle nuove generazioni, nei sogni dei giovani e che combatte qualunque tipo di violenza contro i bambini. Non posso e non possiamo difenderli. Non esprimo un giudizio sui genitori, perché sicuramente ognuno di voi ha le idee molto chiare su quello che è successo.
Una delle caratteristiche principali che emergono dalla mia ultima ricerca è l’individualismo dei giovani, la concentrazione su di sé e i risultati sono evidenti.
Oggi, credo che i modelli tradizionali di educazione siano superati e serva un nuovo approccio alla formazione delle nuove generazioni. Siamo di fronte ad una sfida di rilevanza globale che può essere realizzata solo se si riusciamo ad innescare un nuovo processo culturale che deve investire tutti i settori più importanti della società come: la politica, il mondo dell’informazione, il sistema dell’istruzione e della conoscenza. Se ciascuno riesce a recuperare il proprio compito e torna ad essere una guida, allora sarà possibile invertire questa rotta.
Bisogna ribaltare la tendenza e comprendere quali sono i doveri della scuola e della famiglia. Non possiamo invertire i ruoli, ma dobbiamo ristabilirli e riconoscerli. La scuola non può sostituirsi alla famiglia e viceversa.
Serve educare ai sentimenti, al rispetto del proprio corpo, di quello degli altri e dell’ambiente che ci circonda. E poi è necessaria una scuola per genitori per aiutarli a comprendere non solo le potenzialità e i rischi delle nuove tecnologie, ma anche quali sono le problematiche di preadolescenti e adolescenti per trovare delle soluzioni comuni. Questa è l’unica strada per rinascere. Un’alleanza educativa per una grande emergenza educativa. Ma tutti dobbiamo essere convinti che questa battaglia non può più aspettare o essere posticipata.
Ricordiamoci le parole di Papa Francesco pronunciate in occasione dell’Udienza agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, il 7 giugno 2013: “Educare non è un mestiere, ma un atteggiamento, un modo di essere; per educare bisogna uscire da se stessi e accompagnare i giovani nelle tappe della loro crescita mettendosi al loro fianco. Incoraggiatevi a cercare nuove forme di educazione non convenzionali secondo “le necessità dei luoghi, dei tempi e delle persone”.
Noi adulti abbiamo il dovere di guidare i nostri figli durante tutto il loro percorso di crescita, senza alimentare le loro fragilità e le loro insicurezze, perché questo rappresenta il vero atto d’amore nei loro confronti.