In tutto il mondo il 22 Aprile si celebra la Giornata mondiale della Terra. Come ormai consuetudine, in tutti i paesi sono state realizzate migliaia e migliaia di iniziative, eventi, celebrazioni, presentazioni di studi ed approfondimenti. Ma a che pro? L’altra faccia della medaglia, infatti, mostra un pianeta spremuto all’inverosimile da miliardi di persone alle quali il termine sostenibilità (quello che richiese ben tre anni – dal 1984 al 1987 – di lavoro alla Commissione Brutland per definirlo correttamente) sembra non avere alcun significato.
In India, uno dei paesi maggiori responsabili di emissioni di CO2 (da molti ritenuto giustamente uno dei gas più inquinanti del pianeta) il governo del Chattisgarh ha approvato la riapertura delle miniere di carbone a Parsa East e nel Kente Basan Coal Block. Una condanna a morte per oltre 1.130 ettari delle foreste incontaminate di Hasdeo Aranya che verranno trasformati nel combustibile fossile forse più inquinante in assoluto. Poco tempo fa, anche il governo del Rajasthan aveva fatto lo stesso autorizzando l’apertura di alcune miniere di carbone ad Hasdeo Aranya. Un ritorno al carbone che riguarda anche paesi sulla carta sviluppati e ambientalisti come l’Italia. Sulla scia del conflitto ucraino, il governo ha rimandato la chiusura di due centrali elettriche alimentate a carbone.
Alcuni ministri del governo Draghi sono appena rientrati da alcune visite nei paesi africani contenti dei risultati raggiunti. Nessuno però, proprio nella Giornata della Terra, si è preso la briga di spiegare agli italiani che, in realtà, il Bel Paese è solo l’ultimo a cercare di sfruttare il petrolio africano (da anni Cina, USA e altri paesi fanno a gara per accaparrarsi i giacimenti in paesi come Nigeria (forse l’unico grande bacino petrolifero del continente) con Angola e Sudan e, più di recente, Gabon e Guinea Equatoriale.
A proposito degli USA, passate nel dimenticatoio mediatico le gaffe del presidente Biden alla COP26, nessuno, parlando per la Giornata Mondiale della Terra, ha detto che gli USA erano, sono e continueranno ad essere il secondo paese al mondo per emissioni inquinanti. E aver avuto la possibilità di esportare combustibili fossili a prezzi folli ai paesi “partner” dell’UE non porterà certo ad una riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Anzi semmai aumenterà i rischi di “incidenti” con inquinamento dei mari.
Quanto al paese responsabile dei maggiori danni all’ambiente (e quindi alla Terra), la Cina, a marzo il governo ha annunciato di aver raddoppiato le importazioni di carbone dalla Russia da destinare alla produzione dell’acciaio. Secondo l’agenzia Bloomberg che cita i dati doganali cinesi, le importazioni di carbone da coke dalla Russia sono salite a 1,4 milioni di tonnellate rispetto alle 550mila tonnellate dello stesso mese dell’anno 2021.
Che fine hanno fatto le promesse dei governi solo pochi mesi fa alla COP26 di Novembre 2021? E che fine ha fatto il New Evergreen Deal sbandierato con tanto clamore dalla Commissione Europea con la piccola Greta Thumberg? Per non parlare dei danni che causano le guerre all’ambiente. Non solo la guerra in Ucraina: ma tutte quelle in atto in varie parti del pianeta e delle quali paesi produttori e esportatori di armi non parlano mai. Anche per la Giornata Mondiale della Terra nessuno si è permesso di dire che il settore militare, in realtà, inquina più di ogni altro (non sorprende: in pratica non è soggetto a quasi nessun limite di emissioni).
I problemi che la Terra, come ambiente e ecosistema devono affrontare non solo in occasione della Giornata mondiale ma sempre, sono tantissimi. Spesso sono ben noti e altrettanto risaputo è cosa su dovrebbe fare. ma nessuno ne parla. Come la produzione della plastica. Oggi, sono in molti a parlare di inquinamento dovuto alla plastica, di isole di plastica (pare che una sia anche nel Mar Mediterraneo: possibile che nessuno la veda?). E di plastica che è stata trovata nei corpi degli animali e, addirittura, nel corpo umano (come microplastiche). Nessuno, però, nemmeno nella Giornata Mondiale della Terra ha detto una parola sul fatto che stiamo coprendo il pianeta di plastica (che, è bene ricordarlo, è pur sempre un sottoprodotto del petrolio): secondo i dati del WWF, la produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali. E salvo un breve calo nel 2020 continua ad aumentare.
Molti dei problemi della Terra sono noti da decenni. E sono già ampiamente inseriti in leggi e regolamenti dei quali, però, nessuno controlla l’attuazione. Restando in Italia, perché nessuno parla dei SIN, dei siti di interesse nazionale, che causano indicibili danni all’ambiente e alla salute delle persone? Perché nessuno parla dei danni che potrebbero generare le trivellazioni nel Mar Mediterraneo? Il bacino del mediterraneo è un bacino quasi chiuso, con un solo punto di accesso e di uscita delle acque, quindi estremamente delicato. Perché nessuno parla della riduzione dei consumi invece che parlare di fonti per produrre sempre più energia (magari inquinando un poco, ma solo un pochino di meno).
Perché nessuno ha detto che i livelli di gas metano (gas serra i cui effetti sono ben peggiori di quelli della CO2) in atmosfera hanno raggiunto nel 2021 un nuovo record, per il secondo anno consecutivo. La concentrazione atmosferica del potente gas a effetto serra è aumentata di 17 parti per miliardo (ppb) nel 2021: si tratta del più grande aumento annuale registrato dall’inizio delle misurazioni moderne nel 1983. L’aumento record precedente, di 15,3 ppb, era stato rilevato nel 2020.
E perché nessuno ha parlato della compensazione, la regola che consente ai governi e alle grandi imprese di superare i limiti previsti per tutti, di inquinare oltre i livelli concordati a patto di convincere qualcuno, magari da un’altra parte del pianeta, a rinunciare alle proprie emissioni? Il tutto ovviamente gestito con scambi che ricordano gli scambi borsistici. Questo modo di giustificare il superamento dei limiti di inquinamento va avanti da decenni. Ormai è così diffusa che anche la Cina ha creato una propria banca delle emissioni. E nessuno ne ha parlato. Tanto meno oggi, nella Giornata mondiale della Terra.
Così come nessuno ha parlato del problema legato alla vendita di combustibili fossili di contrabbando: la vendita di oro nero “in nero”. Se ne parla dagli anni ottanta del secolo scorso, ma non si è mai riusciti a fermare il problema. Nemmeno durante le guerre. Anche recentemente, in occasione della petroliera tunisina affondata poche settimane fa si è parlato di questo problema ma senza giungere a nessuna conclusione (intanto sono state avviate due inchieste). Ma, di questo, nessuno ha osato parlare nella Giornata mondiale della Terra.
Gli effetti di quello che è ormai un silenzio assordante, è che, come ha sottolineato la presidente di Unicef Italia – Carmela Pace – oggi” nel mondo, un miliardo di bambini è a rischio ‘estremamente elevato’ per gli impatti della crisi climatica”. Non solo: “Il 99% dei 2,2 miliardi di bambini del mondo – praticamente tutti – sono esposti ad almeno una minaccia ambientale, tra cui ondate di calore, cicloni, inondazioni, siccità, malattie trasmesse da vettori, inquinamento atmosferico e avvelenamento da piombo”. Ma anche di questo, nella Giornata Mondiale della Terra, nessuno ha parlato.